I capelli rossi tagliati della stessa lunghezza, il rossetto rosso sulle labbra e un paio di scarpe in vernice rossa con il tacco accomunano le donne trovate uccise sul lungomare pesarese nel pieno di una calda estate. Il centro delle indagini è la Questura della città dove alla squadra investigativa del Commissario Guidi e dell’ispettore Monti viene assegnata temporaneamente l’ispettrice Claudia de Angelis.
Abituata a lavorare da sola, dovrà mettersi in discussione e nel frattempo convivere con una strana esperienza: quando si specchia la sua immagine riflessa ha gli occhi del colore della prossima vittima. Finirà con intessere un legame ambiguo con il presunto colpevole e alla fine il suo contributo alle indagini, anche rischiando la sua stessa vita, sarà risolutivo. Mentre la sua vita si troverà a un bivio: ripartire o dare una possibilità a un nuovo amore?
I movimenti dell’anima sono come il susseguirsi delle note musicali in un’armonia; ascoltare un brano al pianoforte può dare un senso di sospensione, suscitare profondità e scandire i pensieri, tutto fino a seguire i battiti del cuore.
Ogni spirito interiore non è statico ma vive, evolve in un movimento di crescita e decrescita, perché se sulla scala le note possono salire e scendere, anche nella vita si è in gioco secondo un medesimo movimento.
Non staticità, non linearità, forse circolarità…
Dopo tanto fluire si può tornare al punto di partenza. Giungervi di nuovo però comporta uno scoprirsi diversi dall’inizio, il giro ci cambia, dà e toglie. Eppure nello stesso tempo ci si riconosce per alcuni aspetti immutati.
Le note sono sempre e solo quelle ma nelle varie composizioni creano infinite possibilità, così l’uomo nell’attraversare le fasi della vita, nel sostenere ogni prova, nel conoscersi e seguire le energie invisibili dell’esistenza, assume mille sfaccettature.
L’ascolto della musica anche può condurre a questa consapevolezza, ci riporta a noi stessi, lontano da limiti spaziali e temporali, dai pensieri che fungono da trappole fino a percepire l’interiorità più profonda che si muove libera, piena di passione, leggera e sola con le sue ali.
Una stanza illuminata da una luce soffusa, una tenda aperta a metà mentre fuori è un susseguirsi di auto nel traffico, con i lampioni che si accendono come a centrare una scena sul palcoscenico e le note di una musica da piano che invisibili si muovono leggere nell’etere chiuso tra quelle pareti. E’ un andare e venire, un suscitare emozioni, far sorridere e commuovere, perché quando la musica arriva al cuore, esso può anche stringersi in un impulso meraviglioso tra gioia e dolore.
Una mano sfiora la tenda, la chiude perché nulla possa alterare la perfezione di quel momento vissuto da chi non ascoltava tanta bellezza da troppo tempo.
La bellezza sì, ascoltata certo, perché bello non è solo quello che si vede, ma tutto ciò che suscita sensazioni, che smuove, che fa sentire vivi, nel corpo e nell’anima.
I sensi dell’uomo sono più di uno, tutti riescono ad attingere al bello o al brutto che sia.
In questa occasione, chi ascolta prova un misto di emozioni che però nel loro interscambiarsi generano uno stato di armonia.
Gli occhi chiusi per qualche istante di fronte alla finestra, poi i passi nella stanza si succedono senza far rumore fino al divano, dove il corpo si siede affondando tra due cuscini. Quella stessa mano che prima aveva percepito la morbidezza della tenda ora racchiude in sé la corolla di una rosa rossa, mentre l’altra ne tiene il gambo, verde e quasi senza spine.
D’un tratto però la musica cessa, solo il silenzio continua ad accompagnare i confusi pensieri e le tante domande, mentre forse la cosa più naturale sarebbe non pensare, volare via seguendo il fluire del tempo e delle situazioni che la vita regala, un po’ come le note ascoltate si erano staccate dal pentagramma per protrarsi in musica dal piano di sopra fino a questa stanza.
L’aria si è fatta sentire calda fin dalle prime ore del giorno e questa mattinata si preannuncia molto impegnativa tra il viavai di gente, gli incontri di lavoro e le mille domande a cui tentare di trovare risposte. L’ufficio ha le finestre spalancate e quando si apre la porta, la corrente che viene a crearsi fa volare dei fogli dalla scrivania. Chi è entrato posa immediatamente il caffè per raccoglierli: rapporti e documentazioni, una raccolta di informazioni che però nulla aggiungono a ciò che è già noto. Le foto appese su una parete, ingrandimenti di particolari, volti e luoghi, sembrano pezzi di un mosaico confuso che attende di essere composto e mostrarsi nella sua unicità.
Unica e irripetibile è anche la follia che guida le gesta di chi ha segnato quei corpi, di chi vi ha impresso la sua orma rubandone l’ultimo respiro.
“Che cosa vuoi dire? Perché loro? Dove sei?!”
La donna posa il bicchiere vuoto del caffè, si avvicina ancora di più alla parete ponendo la mano su una foto che ritrae un volto pallido di donna, con occhi chiusi e le labbra serrate decorate da un rossetto rosso.
La porta si apre di nuovo e a entrare è un uomo che riesce subito a trasmettere la sua impazienza e agitazione: “Ancora quelle foto! A forza di fissarle io ho finito per sognarmele pure di notte…”
“Buongiorno.”
“Buongiorno. Scusami, ma questo caso mi sta facendo impazzire! Le ricerche sono ad un punto fermo, a parte qualche supposizione non abbiamo nulla di concreto, nessuna prova.”
“Lo so anch’io! Ma non dobbiamo perdere la calma e la lucidità, non possiamo permetterci di fare il suo gioco!”
“Anche Stefano è preoccupato… dovrebbe arrivare a momenti.” La porta si apre di nuovo. “Ecco il nostro commissario! Che ti dicevo?”
“Buongiorno Franco! Claudia…”
La squadra è al completo, i tre detective possono fare il punto della situazione e cercare di capire quale sia la mossa più giusta da fare prima di perdere un’altra pedina, perché il re nero non ci metterà molto a fare la sua prossima mossa, ad arrivare a mangiarsi la regina.
Ma su quale scacchiera siamo? Ricomponiamo il cerchio…
La Questura è quella della città di Pesaro, affacciata sulla costa marchigiana e protetta dai promontori interni, sotto il sole e l’atmosfera vivace della stagione estiva. Tra i vari poliziotti che ogni giorno prestano servizio, la sezione omicidi è guidata dal commissario Stefano Guidi, affiancato dall’ispettore Franco Monti. I due fanno una squadra ben collaudata ma per quest’ultimo caso hanno avuto bisogno di una persona in più, soprattutto dal momento che un loro collega si è fatto trasferire.
Se il lettore potesse vedere gli occhi di chi ne ha preso il posto, quello sguardo che sembra leggerti dentro, vi riconoscerebbe Claudia De Angeli.
Il cammino della sua vita, dopo qualche anno stabile a Bologna, l’ha ricondotta non troppo lontana dal posto in cui ha portato a termine una delle indagini più difficili e tragiche che le siano capitate. Quando dal mare, si sposta verso l’interno e scorge in lontananza la città di Urbino, non può fare a meno di non ricordare.
Purtroppo ora è la città di Pesaro a vivere la paura per la follia che si sprigiona da non si sa bene chi e contro chi, tanto da far diffondere uno stato di incertezza e insicurezza percepibile ogni giorno, soprattutto nelle giovani donne.
E’ la pazzia di chi non ha voce, che trova la forza di farsi sentire solo lasciando libero l’istinto, in un tentativo disperato e assurdo di affermare se stesso, il suo pensiero, di richiamare quell’attenzione forse tanto cercata e mai ottenuta.
Una dopo l’altra, donne inconsapevoli hanno incontrato sulla loro strada questa violenza silenziosa che semina morte, si appropria della vita altrui ma senza lasciare una traccia di sangue, eccetto quella con cui firma le sue vittime.
Tutto è iniziato circa due mesi fa, quando se ci poniamo sul binario della vita del commissario Guidi, all’inizio di una mattinata di giugno, lo troviamo fermo sull’uscio di casa con lo sguardo fisso sulla prima pagina de Il Resto del Carlino che ha appena comprato:
“ANGELA SALVATI MUORE TRAGICAMENTE”
ATTRICE IN ASCESA NEL MONDO DELLO SPETTACOLO RINVENUTA SENZA VITA QUESTA MATTINA SUL LITORALE PESARESE
Questo il titolo in prima pagina sul giornale, Stefano rimane immobile con lo sguardo che scorre la lettura dell’articolo. È ancora tutto sudato, in piedi nell’ingresso illuminato dalla luce chiara, che filtra da una persiana socchiusa, quando ecco squillare il cellulare che lo desta da quello stato di sorpresa e interesse: è l’ispettore Franco Monti, che con voce squillante gli chiede dove sia finito e cosa ci faccia ancora a casa, finché Stefano lo blocca e gli ricorda che è il suo giorno libero, non ne aveva avuto uno da parecchi mesi.
Dopo un momento di silenzio, l’ispettore si scusa ma gli dice che purtroppo è costretto a chiedergli di raggiungerlo nel luogo in cui si è consumato un incidente. Si tratta di un’attrice di cui non ricorda il nome.
“Angela Salvati, Franco! Non dirmi che non la conosci, negli ultimi mesi giornali e tv non hanno fatto altro che parlare di lei! Stavo leggendo proprio ora l’articolo sul giornale, un malore improvviso o dovuto a una dose di droga…”
“I giornalisti…deve esserci altro se vogliono noi della Omicidi.”
“Effettivamente la cosa non quadra molto…e poi, sappiamo che c’è spesso qualcosa dietro quando capita a personaggi conosciuti.
Allora, zona lido Le Sirene; sarò lì presto.”
Così Stefano, che intanto si era seduto sul divano in soggiorno, si alza per una doccia veloce.
La stanza si presenta ordinata, ammobiliata in modo semplice e moderno secondo un’opposizione bianco-nero. Pochi oggetti sparsi negli spazi, quasi nessuna traccia che dia il senso di un posto vissuto, che conferisca una personalità alla casa.
Il traffico è particolarmente intenso stamattina, sarà per le strade che danno sul lungomare bloccate dagli agenti, tant’è che il commissario riesce a farsi strada e ad arrivare sul posto segnalato solo mettendo la sirena. La zona è circondata da transenne e dalle auto della Polizia, mentre più in là si distinguono luci e flash di un gruppo di fotografi e giornalisti. Appena lo vedono arrivare, gli si fanno incontro velocemente, con domande continue e sovrapposte:
“Commissario, allora qual è la causa della morte?”
“Era sola? E’ stata abbandonata sulla spiaggia?”
“Pare avesse bevuto o preso droghe, vero?”
“Basta, calma, calma, sono arrivato ora, ne so meno di voi!”, Esclama Guidi cercando di calmarli e di farsi strada. Ma quelli non ne vogliono proprio sapere, fino a quando non interviene l’ispettore Monti, alto e magro, in giacca e cravatta, che con le braccia in avanti fa spazio: “Forza, fatelo passare, anche lui deve lavorare! Più tardi vi saranno comunicate le notizie.”
Intanto il commissario è riuscito a liberarsi dall’impaccio, invece l’ispettore è ancora nel gruppo di cronisti, intento ad allontanarli.
Sulla scena appare agli occhi di Guidi un’auto capovolta su un fianco in prossimità di uno stabilimento balneare, un velo grigio chiaro di fumo abbraccia lo spazio intorno e rende l’aria difficile da respirare.
Si avvicina agli agenti per le prime notizie e poi all’auto che gli agenti della stradale stanno controllando.
“Salve, commissario Guidi.”
“Allora?”
“Dunque, l’auto proveniva da quella parte della strada e poi è sbandata a destra, finendo la sua corsa contro questi pilastri. Non ci sono segni di frenata, il che è piuttosto strano. Ah, la donna era sola in auto. Per il resto occorre ancora cercare, ma sembra proprio un incidente stradale come ho già detto ai suoi colleghi.”
“Mmm… eppure come ha notato, c’è qualcosa di strano e hanno chiamato anche noi della Omicidi”, commenta Stefano, girando intorno all’auto con uno sguardo attento.
L’agente: “Chissà perché voi c’entrate sempre!”
Nel frattempo sopraggiunge l’ispettore, che si affretta a commentare: “Stefano, è un incidente non c’è che dire, ma…”
“Sospettare per noi è naturale”, aggiunge il commissario con un sorriso e si avvia verso la parte della strada da dove proveniva sbandando l’auto. “E così, la Salvati era sola, vero?”
“Sì.”
“Non sai cosa ha fatto prima dell’incidente?”
“Non lo so ancora, però l’incidente è accaduto tra le quattro e trenta e le cinque di questa mattina e sono stati gli abitanti di quella casa laggiù a dare l’allarme. L’ambulanza non ci ha messo molto ad arrivare ma quando è stato spento il principio d’incendio e l’hanno tirata fuori, era troppo tardi, era già morta. Al mio arrivo la stavano portando via.”
Tornati in commissariato, in ufficio, Stefano si dedica a una lettura scrupolosa degli articoli sull’incidente, mentre Franco fa su e giù parlando tra sé con il fiato corto per via dell’afa.
“Togliti quella giacca e la cravatta, per favore Franco. Solo a vederti mi sento soffocare ancora di più!” Lo incita Guidi avvicinandosi al ventilatore mentre l’altro esclama: “Una giovane attrice trovata morta… il mondo dello spettacolo è particolare!”
“Dobbiamo indagare sulla sua vita, sulle persone che aveva intorno.” Squilla il telefono. Stefano risponde: è la scientifica.
I due poliziotti escono in fretta e si dirigono al laboratorio. Ormai il pranzo è saltato e il sole del primo pomeriggio, alto nel cielo, è sovrano immobile di un’atmosfera che a breve diventerà cocente.
Una volta arrivati, il principale responsabile espone loro i risultati delle ricerche:
“L’auto percorreva il rettilineo ad una velocità di circa cento chilometri all’ora, la donna deve aver perso il controllo e ha tentato di frenare, cosa inutile, visto che i freni non hanno risposto ai comandi: sono stati manomessi. L’interno dell’auto era in ordine, non reca segni né impronte sospette. Ah, la Salvati non portava la cintura di sicurezza.”
“I freni sono stati manomessi!” Esclama l’ispettore.
Guidi: “Omicidio, ora possiamo parlare di omicidio.”
Rientrando in macchina si ricorda di una questione ancor più importante ora che dovranno impegnarsi nel nuovo caso:
“Senti un po’, sai qualcosa del nuovo collega che dovrebbe occupare il posto di Manuel?”
“Dovrebbe arrivare a giorni. Speriamo bene. La mancanza di un uomo in più si sente soprattutto in un momento come questo. Franco risponde al commissario, mentre l’auto percorre Viale Trieste.
Il profumo del mare che ti raggiunge anche quando sembra che ti sia abituato, quando avere il mare lì fuori dal finestrino sembra scontato. Il rumore delle onde, unica compagnia nelle giornate solitarie d’inverno, come il racconto di un anziano che ha sempre qualcosa da volerti dire. Quello stesso rumore, più agitato come il capriccio di un bambino, assente o calmo come un neonato che dorme. In inverno, il Viale propone diverse immagini, quasi desertico e percorso da chi va a correre, sempre e comunque, forse dipendente semplicemente dalla voce del mare. Il centro popolato di gente e luci.
L’estate poi, quel sapore del mare sembra sfuggire perché è come se tutti i turisti lo rubassero. Forse, solo in bici, con l’aria che accarezza il viso, lo si riesce a recuperare, a sentirlo proprio, unico e solo per se stessi. Pesaro è questo e non solo, è la semplicità della natura, di una città non troppo contaminata, è la misura di uno spazio in cui non ti senti perso E’ lo spazio in un cerchio non chiuso, che ha una via aperta sempre sul
mare, via di fuga, via di salvezza, recupero di un respiro quando soffocheresti.