A Sonia, che questa storia possa emozionarti! È la dedica che la stessa Oriana Ramunno ha posto sulla mia copia de Il bambino che disegnava le ombre. Ho avuto il piacere di ascoltarla dal vivo quest’estate in occasione di Giallo di sera a Ortona (CH), il festival dedicato al giallo aggiunto alla terza edizione nella cittadina abruzzese nella quale vivo da qualche anno.
Orianna Ramunno ha parlato del suo ultimo romanzo Il bambino che disegnava le ombre con dedizione, cura e delicatezza. Si tratta di un giallo storico che ci porta a confrontarci con uno dei peggiori momenti della Storia e dell’umanita: l’Olocausto. Si tratta di un giallo, quindi inevitabilmente si affondano gli occhi nell’anima delle persone secondo e l’autrice riesce in modo impeccabile a riportare al lettore le emozioni provate dai personaggi.
Quando Hugo Fischer arriva ad Auschwitz è il 23 dicembre del 1943, nevica e il Blocco 10 appare più spettrale del solito. Lui è l'investigatore di punta della Kriminalpolizei e nasconde un segreto che lo rende dipendente dalla morfina. È stato chiamato nel campo per scoprire chi ha assassinato Sigismud Braun, un pediatra che lavorava a stretto contatto con Josef Mengele durante i suoi esperimenti con i gemelli, ma non ha idea di quello che sta per affrontare. A Berlino infatti si sa ben poco di quello che succede nei campi di concentramento e lui non è pronto a fare i conti con gli orrori che vengono perpetrati oltre il filo spinato. Dalla soluzione del caso dipende la sua carriera, forse anche la sua vita, e Fischer si ritroverà a vedersela con militari e medici nazisti, un'umanità crudele e deviata, ma anche con alcuni prigionieri che continuano a resistere. Tra loro c'è Gioele, un bambino ebreo dagli occhi così particolari da avere attirato l'attenzione di Mengele. È stato lui a trovare il cadavere del dottor Braun e a tratteggiare la scena del delitto grazie alle sue sorprendenti abilità nel disegno. Mentre tutto intorno diventa, ogni giorno di più, una discesa finale agli inferi, tra Gioele e Hugo Fischer nascerà una strana amicizia, un affetto insolito in quel luogo dell'orrore, e proprio per questo ancora più prezioso.
Una storia cruda, vera, da togliere il fiato in più punti. Non è stato solo uno, il momento in cui da lettrice ho avuto bisogno di chiudere gli occhi, di fare una pausa. La Ramunno coglie molte sfumature e osserva da più prospettive, tanto che sembra di essere lì e di non poter avere una unica e sola visione. Basta pensare al personaggio Fischer, al suo tormento, al suo segreto e al suo dovere. E’ un personaggio che traina, al quale si resta attaccati in ogni momento da quelli nei quali deve rispettare il suo ruolo a quelli nei quali vorrebbe far finta di non vedere. Fischer non è solo colui che conduce l’indagine, che raccoglie indizi ma, ai fini della sua indagine, assume anche il ruolo di ascoltatore al quale vengono mostrate le brutalità più inumane che non potrà mai scordare. Procedendo nella lettura, ho pensato che non lo facesse solo per il suo scopo ma mosso da quel desiderio che prende anche chi legge di voler sapere. È una sensazione strana perché vorresti fermarti, vorresti non venire a conoscenza e nello stesso tempo non puoi chiudere gli occhi.
Un personaggio di così grande spessore è affiancato da quello più puro: Giole, il bambino dalle tante capacità, sveglio e coraggioso, un piccolo investigatore che con i suoi disegni darà il suo contributo alle indagini spinto dal desiderio di ritrovare i suoi genitori. Ha invece un destino segnato, il dottor Mengele ha in serbo per lui una fine spietata che leggendo mi ha spaventata sempre più a mano a mano che si avvicinava, fino al colpo di scena finale.
I punti di forza di questo romanzo sono i personaggi, principali e secondari, anche quelli più crudi e in particolare quelli femminili e l’attenta ricostruzione storica che la Ramunno ha svolto dedicandosi a ricerche per meglio delineare l’ambientazione e i particolari.
La scrittura è pulita, lo stile trasparente, delicato e scorrevole così che si è davvero facilitati o meglio presi per mano nella lettura. La drammaticità, l’orrore e le fasi più cruente mi hanno toccata profondamente, le indagini mi hanno incuriosita e dunque consiglio vivamente questo romanzo perché è sviluppato su più piani con la stessa intensità.
La Ramunno sì, è riuscita a emozionarmi con Il bambino che disegnava le ombre e alla fine, di nuovo, non sono riuscita a darmi una risposta alla domanda: come sia stato tutto questo possibile? Un inferno costruito da uomini per altri uomini?