Mi sono tenuto dentro questa storia per molto tempo, come una spina rimasta in gola. Finché per caso, mi sono ricordato che una volta, da bambino, ero andato con mio padre ad abbandonare un gatto...
Ho amato infinitamente Kafka sulla spiaggia di Murakami, nella mia lista, sempre in aggiornamento, di libri da leggere ci sono altri titoli di questo particolare autore. Per lo scorso Natale ho ricevuto Abbandonare un gatto.
Quando l’ho aperto però, mi sono subito resa conto che non era un romanzo ma una breve storia autobiografica dell’autore impreziosita dalle illustrazioni di Emiliano Ponzi, uno dei più importanti illustratori contemporanei.
Un Murakami inedito è quello che si racconta di pagina in pagina a partire dal momento condiviso da piccolo col padre riferito a quando provarono a abbandonare un gatto, ma poi se lo ritrovarono di nuovo a casa. E ne furono in realtà compiaciuti. Ogni mattina, prima di fare colazione, mio padre si inginocchiava davanti al butsudan – Il piccolo altare dei morti presente in ogni casa -, chiudeva gli occhi e recitava a lungo e con trasporto i sutra.
Murakami sente di dover affrontare il rapporto col padre, professore di letteratura e soldato buddhista, passando anche attraverso i ricordi della guerra e delle influenze che poteva aver avuto sulla sua famiglia.
Storia, spiritualità, simboli, poesia trovano spazio in questo libro sulla scia della malinconia: non può fare domande a suo padre che non c’è più, convive con il rimpianto di non essere riuscito a compiacerlo, l’amore però resta sempre anche per chi non è stato in grado di esprimerlo.
Abbandonare un gatto è un libro breve ma intenso che arriva con forza al lettore ricordando chi siamo: l’accumulo di queste piccole cose che mi ha formato, che mi ha reso la persona che sono ora. Fino a portarci a quello che forse è il messaggio dell’autore: saper riconoscere ciò che di positivo nasce da ogni situazione e metterlo a frutto. Ci ricorda quanto sia importante conoscere ses tessi e perdonarci.
